domenica 13 marzo 2016

Il lupo Ezechiele


Questo è stato il primo compleanno al difuori dall’italia. Credo sia un buon inizio.
So che esistono problemi molto più seri di quello di cui sto per parlarvi, ma al mondo esistono anche le formiche e le pulci, non solo gli elefanti e le megattere, pace se ne facciano tutti, è andata in questo modo. Vorrei dedicare questo compleanno a loro tre, che in questi giorni mi hanno accompagnato fino alla fine, dando per la mia soddisfazione la cosa più preziosa che nella loro vita possedevano, cioè la vita.
Amo creder che il primo di loro abbia visto la luce immerso in un silenzio grigio, si sia guardato attorno con piccoli occhi ciechi e abbia lentamente cercato di sollevarsi da terra quel tanto che basta per raggiungere un bitorzolo invitante da cui succhiare il latte, poco più in alto di lui. Mesi fa, poco dopo che quel grumo di cellule che lo compongono ora si guardassero le une le altre dicendosi “Ci siamo tutte?”, la certezza di dove sarebbe stato quel capezzolo e di come si dovesse usare si era accesa come una lampadina, e così una volta venuti al mondo arrivarci era semplice e naturale come rientrare a casa dopo una giornata di lavoro in ufficio.   Poi lentamente si sono trascinati li gli altri, alla spicciolata, fino all’ultimo,che per arrivare ai piani superiori si è dovuto arrampicare sopra quel tiepido pavimento rosa, e da quel soppalco lassù ha iniziato subito a capire che significa”gli ultimi saranno i primi”. Lui è Timmy.
Il secondo amo credere invece sia stato accolto da un modo pieno di rumori,di rumori ma cosa molto più importante di odori. Odori di erba fresca messa a seccare, di attrezzi usati in legno, di caldo e profumato sterco marrone e di terra resa asciutta dal freddo. A lui li odori da subito avevano comunicato tanto e lui è Jimmy.
Il terzo invece non ne voleva sapere di tutta quella inutile gincana e ha faticato assai a seguire gli altri. Non si conoscevano con Timmy si sono solo incontrati molto più tardi, con un sorriso beato e sognante salutandosi per poi non rivedersi mai più. Lui è Tommy.
Ora, non so se ci sia poi tutto questo grande da fare nella vita di un maialetto, a parte i compiti dico. Non credo pergiunta che i nuovi nati siano oggetto di tutti gli studi comparativi caso-controllo che consigliano vari tipi di latte antistipsi o antireflusso, studiano il rapporto tra il parto vaginale podalico vs cesareo e i disturbi dell’apprendimento, analizzano il peso e la quantità di emoglobina residua nella placenta dopo lothus birth e lo comparano con l’attitudine a sviluppare dipendenza dalla psilocibina; voglio dire che i maialetti almeno loro hanno una vita più tranquilla e il loro futuro per breve che gli umani decidano possa essere è in un certo senso (ma solo in un certo senso)più semplice. E naturalmente più roseo.
I giorni saranno passati con visibili differenze tra i tre, specie Jimmy dico, avezzo alla vita rurale e autentica. Il viaggio dalla fattoria al luogo dove sono cominciati tutti gli esami del sangue e dove ha incontrato anche Tommy e Timmy, il viaggio cui lui e tutti i suoi fratelli sono stati costretti deve essere stato per Teddy come una sorta di cataclisma.Tommy e Timmy invece, secondo me, quello che sarebbe successo se lo aspettavano già.
 I controlli veterinari si sono conclusi rapidamente, una scienza nata per curare gli animali si mette poi al servizio del loro sterminio è a prima vista un aberrazione, ma siete sicuri che esista una scienza immune da queste deviazioni? Gli stessi raggi X inventati con un certo fine, non sono sempre figli della stessa scienza che ha reso possibili le bombe termobariche? E la virologia, così perfetta ed ipertecnologica nel dosaggio di anticorpi e nel titolare anche minime tracce di HIV-RNA nelle sacche da trasfusioni, non ha sempre lei aiutato nel produrre armi batteriologiche per importare la democrazia? In ogni caso i controlli sono andati bene, e per senso che possa avere la frase, Timmy, Jimmy e Tommy sono sani.  Come pesci.
Immagino il momento del gas. La paura folle di quell’ambiente pulito e asettico, impossibile da essere subito sporcato dagli sfinteri che si aprono e si contraggono disperatamente,ma senza permettere fuoriuscita di feci a causa della terribile diarrea che ha colto tutti due giorni fa. Quella roba nel mangiare, serviva solo per “lavare”. Con le anse intestinali distese da feci e gas la laparoscopia è infinitamete più difficile da farsi. L’ultimo grido di terrore e poi quel sorriso stolido del gas, ipnoinducenti e curari, poi quel tubo cacciato giù in trachea e via sul tavolo: Francesco quante nefrectomie hai fatto tu da primo operatore?
Timmy mi è morto sotto i ferri, dopo che gli ho tolto per esercizio un rene, ho resecato un ansa per un anastomosi intestinale intracorporea e gli ho tolto la milza per metterla in un sacchetto, sempre per esercizio. Gli altri hanno resistito, ma alla fine una puntura gli ha tolto la vita. Sono qui a raccontarvi quel poco che so della loro vita e se tutti voi che mi avete fatto un augurio per il mio compleanno me ne volete fare uno sincero e profondo, auguratemi che quei tre piccoli porcellini non siano morti invano, e che io moderno lupo Ezechiele sappia rendere grazie al loro immenso sacrificio. Auguratemi che dalla loro morte possano rinascere altre vite e che ciò che ho appreso possa io efficacemente metterlo a servizio dei bambini che un giorno verranno ad incontrare tristi la mia strada. 

sabato 6 febbraio 2016

Un po di perché.



In realtà io sono partito alla ricerca di un perché,ma un perché diverso da quelli che normalmente spingono a fare un'esperienza all'estero. Non sono qui perché devo imparare il francese,l'inglese, la Chirurgia e Urologia Pediatrica. Non sono qui neanche sinceramente parlando per scrivere uno straccio di articolo con cui propormi al mondo accademico e congressuale e dire: Ciao! Sapete che ci sono anche io tra i giovani rampanti che vi guardano con un misto di bonarietà accondiscendente, fastidio e invidia?

Io sono alla ricerca di me stesso, questo davvero l'ho capito. E sono partito qui per iniziare questo cammino di ricerca. Quindi, riassumendo, perché sono qui?

Sono qui perché voglio tatuarmi la lingua a scacchi e girare con un cartello "Fai la mossa giusta".
Sono qui perché le piazze in onore dei Martiri della Resistenza le fanno solo nelle periferie.
Sono qui perché un caro amico ha finalmente pubblicato un romanzo, uno ha comprato casa e si sposa ed un altro vuole fare un figlio, credo tra poco.
Sono qui perché è pieno di discese, ed è la volta buona che mi uccido con la tavola.
Sono qui perché è pieno di salite, non come a Padova, e qui puoi guardare dall'alto quanta strada hai fatto, farti coraggio.
Sono qui perché li dove ero non ne potevo più.
Sono qui perché voglio conoscere tutti gli autori dei commenti memorabili su Facebook e dire loro che anche se non so chi siano, voglio prendere la vita con la loro voglia di ridere (o piangere).
Sono qui perché sul quadrato con Thomas Hearns volevo esserci anche io, contro Sugar Ray nel settembre '81. Mitico cazzo,davvero, guardatevelo.
Sono qui perché ci deve essere un altro modo di applicare rispetto reciproco e apertura mentale che non sia Charlie Hebdo.
Sono qui perché mia sorella ha vinto un concorso di fotografia.
Sono qui perché voglio andare in Marocco poi, o in Thailandia. Dopo decido.
Sono qui perché ancora non ho iniziato a lavorare in ospedale, poi vedremo.
Sono qui perché trovare un perchè a quel che si vuole è una sfida con se stessi: meglio scegliere bene il terreno di battaglia, meglio variarlo anche. 
Sono qui per esercitare umiltà, capacità di scrollarsi di dosso le certezze, per mettere in discussione anche la più solida base su cui ho costruito me stesso in tutti questi anni.
Sono qui per dire aiuto è scappato il leone e vedere di nascosto l'effetto che fa:che significa? Significa avere addosso la maglia di Materazzi- Germania 2006 e toccarsi il petto ogni volta che saluti un francese.
Sono qui perché basta politica per un pò. Davvero. Per vedere se riesco a restare calmo e non sbraitare come un ossesso ogni volta che vedo immagini di Thomas Sankara, ogni volta che sento la colonna sonora de "La Battaglia di Algeri"di  Gillo Pontecorvo, ogni volta che sento parlare di "Lotta al terrorismo a Kobane, Homs, Palmira, Aleppo.
Sono qui perché sono ricco. E' un dato di fatto,come l'electro tango: contiene parti registrate di vecchi accordeoneisti, d'accordo, ma è una roba moderna, punto e basta.





venerdì 12 giugno 2015

In risposta ad un'amica

Eccomi. Cerco di spiegare con calma la mia posizione. Innanzitutto premetto che tutte le mie analisi sociologiche sono profondamente contaminate dal mio ideale politico, per scelta fortemente consapevole e voluta. Infatti oggi non è più come a ridosso del secondo dopoguerra, quando la sociologia si interessava della politica,oggi capita il contrario: è la politica (anche se sarebbe più giusto dire i partiti politici) ad interessarsi di sociologia. I partiti politici oggi sono detentori di un potere che deriva unicamente dall'audience, dallo share, ovvero numericamente da quanti dall'altra parte dello schermo adorano beati il parlamentare o l'opinionista che parla davanti alla telecamera. I partiti non detengono più potere di quanto l'opinione pubblica instupidita non gli conferisca. Tanto è vero che per far crollare un governo gli americani hanno capito che non serve bombardare le città, serve bombardare le bacheche Facebook.
I partiti quindi per esistere-ma sopratuttto per continuare ad esistere-hanno un unico compito da svolgere: plasmare le menti degli elettori e al tempo stesso andare incontro di volta in volta ai desideri dell'elettorato. La politica riveste il duplice ruolo, per usare una metafora marinaresca, di timoniere e di vedetta. Essa dirige la nave al timone, ma nel contempo è attentissima ai suoi spostamenti, per accorgersi in tempo reale di improvvisi e inaspettati cambi di rotta, che saranno prontamente corretti a suon di controinformazione, pubblicità, serie tv,social network ed in casi estremi anche di violenza.

La politica, con l'occhio sempre preoccupato al popolo,contemporaneamente decide cosa questo deve pensare e nel contempo ne segue attentamente ogni minimo moto d'animo, in un costante e certosino processo di autoanalisi e autofocus. Questo sempre per massimizzare il potere di controllo. Con la morte dei grandi uomini politici del passato, (Berlinguer, Nilde Iotti, Longo, Pertini,Amendola Pio La Torre etc etc)  il potere su cui si basano i partiti oggi non è basato sulla nitidezza morale, l'incorruttibilità, il rigore, l'attenzione per il benessere della propria nazione, ma è basato solo sul voto di minorati mentali subculturati che esprimono la loro preferenza ora di qua ora di la, senza un progetto preciso. Legittimati dal web, non dalla vita vera.

Conclusa questa premessa metodologica ecco che arriviamo al punto. Il capitalismo dilagante oggi ha capito che tutto quanto è una merce. Dentro la fabbrica del consenso ha creato ad hoc un emotire sessuale, un pattern di identità sessuali, un istinto sessuale a basso costo comodamente vendibile sugli scaffali perchè la gente lentamentente lo sentisse come proprio. Il sesso o meglio l'emotività sessuale, non è certo l'unico campo di marketing di cui il capitalismo si è interessato; il capitalismo ha deciso come il popolo deve comportarsi davanti alla libertà di espressione, davanti alla questione dei diritti umani, del razzismo...in ogni campo il capitale ha creato dei pacchetti di emozioni, di cui coloro che ne erano manchevoli o al momento sprovvisti potessero dotarsi per interagire con la società. Con questa lente di lettura torniamo all'articolo che hai postato:

  • Sei attraente. Le donne attraenti sono subdole e approfittano sempre del proprio fascino, sicuramente lo userai per sfruttare i poveri malcapitati e ottenere favori in cambio di sesso;
  • Non sei attraente. Tanto lo sanno tutti che aprirai le gambe a tutti quelli che capitano pur di farti considerare;
Circondati come siamo da messaggi tipo "domanda-offerta", ti pare possibile che molte ragazze non ragionino davvero come recita l'elenco puntato qui sopra? Esse,così come la pubblicità e le nomine politiche insegnano, useranno eccome la figa per arrivare ai propri scopi; ma non lo faranno perchè innocenti saranno prese con la forza, lo faranno e basta, e guarderanno quelle poche che non hanno scelto di vendersi come semplici contadinotte. Siamo arrivati ad un punto cruciale. Leggiti gli articoli scandalo sulle baby squillo a Roma. Solo poche delle  ragazze coinvolte avevano un serio problema economico in famiglia, tale per cui avevano cominciato a darla via come un freesbee. La maggior parte aveva capito che prostituirsi era un ottimo sistema per ottenere successo, e per quanto OVVIAMENTE IO NON STIA GIUSTIFICANDO I QUARANTENNI CHE SE LE PORTAVANO A LETTO NE TANTOMENO I GENITORI, carissima, quelle quindicenni troie lo erano eccome, stai sicura. 

  • Vesti in modo provocante. Tutto ciò che indossi è in funzione delle attenzioni che vorresti dagli uomini. Per esempio, se hai il seno grosso e indossi qualcosa di diverso da un maglione oversize a collo alto, è chiaro che stai ostentando la tua scollatura: non pensare nemmeno di giustificarti con frasi come “se ce le ho è inevitabile che si vedano”, ti sembra che quaranta gradi all’ombra siano una scusa per fare la zoccola? È logico che poi ti trattano come una vacca da monta, non lamentarti dopo essertela cercata. Le Vere Donne non indossano nulla di più emozionante di accollati e sobri abiti monacali;
  • Flirti. Non vorrai mica fare la predatrice! Devi mantenere inalterati i meccanismi della seduzione e lasciar fare ai maschi il primo passo, altrimenti va tutto a quel paese. Anche se i maschi non ti interessano e stavi sbattendo le ciglia per la loro amica;

Vuoi davvero farmi credere che tra voi donne non esiste un codice rodato che ti impedisce di capire la differenza tra i modi di vestirti?NON STO DICENDO CHE SE UNA HA LE TETTE FUORI TI FARA' DI CERTO UN POMPINO IN BAGNO, O SEI AUTORIZZATO A SUCCHIARTI UN DITO E INFILARGLIELO IN CULO PERCHE' TANTO LE PIACERA' DI SICURO, sto solo dicendo che esistono dei messaggi non verbali molto chiari e noti a tutti, con il corpo e le emozioni non si scherza, quindi senza andare a vestirsi come Madre Teresa esistono di sicuro delle scelte ragionate e consapevoli che è utile mettere in pratica sempre. 
Sul flirt poi entriamo a piedi uniti dentro la profonda incapacità delle nuove generazioni a vivere i rapporti dal vero. Si è più bravi a scrivere in chat che a conoscersi di persona ad una festa e quindi facile non sapere rendersi conto delle reazioni altrui. 

In sintesi:
Persone che utilizzano la propria sessualità a sproposito, in maniera strumentale e senza sentimenti dietro ne esistono eccome, e non lo fanno perchè sono spinte a farlo da altri, costrette a malavoglia da un andazzo generale. Non lo fanno perchè un mondo brutale di maschi- animali ha deciso che esse sono solo un buco dove svuotarsi: lo fanno col sorriso sulle labbra semplicemente perchè hanno capito che questo è quello che funziona sempre. Lo fanno facilmente e col sorriso perchè il Controllo Mentale delle Masse gli ha fornito emozioni fittizie cui collegare quei gesti, slacciandoli dalle emozioni spontanee che col tempo giusto sarebbero potute nascere in loro. Infine sono davvero stufo di tutti questi articoli che predicano il vittimismo femminile: sono vecchi, passati di moda e ormai stereotipati. In una parola anche questi sono un diretto prodotto della pubblicità che dipinge le donne come vittime sacrificali. Hai mai immaginato l'umiliazione di un ragazzo cui non gli diventa duro perchè ansioso, perchè preoccupato di deludere le aspettative della compagna di classe? Sai quante di quelle "indifese verginelle" ha minacciato il malcapitato di far sapere a tutto il mondo che non riusciva a tirarlo su?Questa per me è violenza sessuale proprio come diffondere video porno della tua ex fidanzata, ma è una violenza sessuale contro l'uomo, di cui non si parla e di cui rimarrà traccia per sempre nella vita emotiva di un ragazzo. 

domenica 15 febbraio 2015

Il potere, i sottomessi e le rivoluzioni

Il potere, non so neppure io come chiamarlo, è simile a coloro che ideano un rompicapo, ne conoscono la soluzione, e, ipotizzando che i migliori solamente riescano a risolverlo percorrendo quell'unica strada possibile, si trastullano a figurarsi come sopraffare i vincitori rimasti. Il rompicapo in sé non è che un passatempo, una specie di selezione all'entrata: il vero divertimento di coloro che ci governano è ideare strategie per sopraffare coloro che hanno già superato i primi ostacoli. In altre parole, i soprusi quotidiani cui si è soggetti avrebbero come soluzione quella di unirsi e combattere in un unico fronte: è esattamente contro questo tipo di risposta organizzata che il potere si è esercitato ed ha ideato mezzi vigliacchi per prevalere. Lo stadio iniziale di sottomissione che prima era il mostro contro cui si conducevano battaglie vecchie di generazioni, oggi non è che un vecchio scheletro di dinosauro:fa paura ma non è una bestia viva. Il potere si è già preparato per il "dopo", per rispondere a ciò che i "sottomessi" opporranno per difendersi. Il potere si è già posto un problema che neppure sappiamo di avere. Il potere insomma si è strenuamente esercitato per soffocare le rivoluzioni, gongola quando esse nascono, si frega le mani di felicità quando un gruppo di uomini decide di opporsi al tiranno: è esattamente quello che vuole. Giungo a questa affermazione da un semplice assunto: se chiunque è in grado di capire che contro l'oppressione bisogna unirsi, dunque anche il potere ha capito che era contro le rivoluzioni che doveva studiare le sue risposte. Tanto è vero che oggi, come si è visto negli ultimi 5 anni, è il potere stesso che fa le rivoluzioni. Credo che "l'amore"che il potere ha per le rivoluzioni, per le congregazioni di uomini uniti contro il tiranno, dipenda dal fatto che i gruppi si controllano meglio dei cani sciolti.

martedì 9 dicembre 2014

Paradossi di definizioni a matrioske.

La difficoltà nel collocarsi all'interno di una definizione è vecchia come l'uomo, e questa difficoltà io mi accorgo di viverla intensamente.
E' piuttosto infrequente che ci venga richiesto di autodefinirci a parole. Quando questo accade, generalizzando brutalmente individuo come maggioritari attorno a me due gruppi di persone, non contando  il gruppo in cui mi colloco io stesso. I due gruppi sono composti da chi evade coglionescamente la domanda sul dove collochiamo noi stessi e da chi non vede l'ora di conquistare una propria autodefinizione da difendere gelosamente e da proporre in pubblico anche quando non richiesta.

Primo gruppo:
Scegliere da che parte stare -poichè  in ultima analisi è di questo che si tratta- ovviamente non sempre e non da tutti è avvertito come un problema. Lo diventa per forza quando la vita brutalmente ti porta a dovere fare delle scelte -e da qui la parola crisi- ma al di là di questi tristi casi è ovvio che ci sono delle persone che si mettono "meno problemi di altri". In libreria ci sono manuali che insegnano a smettere di farsi le seghe mentali : ma perchè non si scrive invece su come imparare ad interessarsi alle cose? Chi oggi predica, professa e pratica la nuova fede imperante dello sticazzismo non sente come urticante la necessità di usare prudenza nell'autodefinirsi, e idolatra letteratura filmografia e musiche-figli prediletti nei quali la nostra epoca si è compiaciuta- che insegnano appunto a non farsi seghe mentali.
Trovo diabolico, consumistico(e dunque capitalistico) il passaggio sottile cui si è davanti. Infatti,come la scienza ci insegna, la caducità e breve durata di un risultato ottenuto non può significare la sua inutilità o peggio ancora l'inutilità del processo che ci ha permesso di ottenerlo.
Trovare una definizione di se stessi è puerile.  Ma  cercare una definizione di se è da persone mature.

Secondo gruppo:
Oltre a chi non interessa cercare o trovare una definizione, esistono anche quelli che di una definizione vanno in caccia, ed una volta trovata la custodiscono gelosamente. Chi tra questi ultimi trova una definizione di se nella quale si sente rispecchiato è come un migrante che raggiunto un paese, trovato un buon lavoro, portato in salvo la sua famiglia, non inizierebbe mai un altro stesso identico viaggio di nuovo da capo, solo per il gusto di cambiare.
Una volta trovata la definizione insomma la più grande parte della gente ci si adagia. Sono definizioni che suonano più come pre-definizioni,caselle che diventano gabbie, ed infine catene invisibili perchè le abbiamo scelte noi.

 Una definizione è un paradosso, come la Tromba di Torricelli, o la relazione superficie/massa, i cubi di Platone.Quanto più aggiungi nella foga di precisarla tanto più impossibile diventa vederne la sua interezza pur essendo una quantità data. Ed alla fine ci si adagia perchè il problema rimane senza soluzione, tanta fatica sprecata: è più semplice non far la fatica di definirsi se tanto alla fine comunque siamo punto e a capo.
Una definizione è un punto di partenza, non di arrivo arrivo, una matrioska da smontare e rismontare ancora. Come faccio ad accontentarmi di definirmi"comunista"o "cristiano" o "ambientalista" o "filopalestinese"? Dall'accettare acriticamente definizioni preconfezionate nascono posizioni di principio su tematiche costitutivamente divisive, complesse e poliedriche, che la più parte del volgo accetta come un buono sconto alla cassa: tanto è gratis, non costa nulla.

Una definizione di se è un paradosso anche perchè è quanto più vera tanto più essa nasce dallo stabilire cosa  NON si è, piuttosto che cosa si è. Una definizione è infine un paradosso tautologico che strizza l'occhio a Goedel, perchè fuggendo da qualsiasi di essa, inevitabilmente comunque ci si definisce.
Contiene al suo interno la carica esplosiva della novità, ed è grazie a chi nella storia ha detto "io non ci sto"che si sono aperte nuove vie alla conoscenza. Nelle prime culture, chi si rifiutava di rimanere per sempre all'interno dello stesso identico territorio sceglieva nuove strade: non si definiva più appartenente a quel gruppo sociale.


(piccola nota scommatica per rendere la presente trattazione più fruibile al fine animo di cabarettisti consumati che sono coloro che leggono: il paese in cui il migrante trova un buon lavoro, in linea di massima viene bene accolto e porta in salvo la sua famiglia esiste eccome. Lo hanno creato i servizi segreti Italiani ed Americani sul finire degli anni 40 con fondi provenienti dallo smantellamento delle mostruose strutture del secondo dopoguerra, ci hanno fatto arrivare profughi sulle navi, armi al fosforo per brutalizzare gli antichi suoi abitanti, ed oggi una banda di neonazisti al potere se ne chiava allegramente- altro che la Nappi partenopea- dei diritti umani  continuando a fare insomma ecco il famoso cazzo che vuole. Welcome to Israel).

venerdì 1 novembre 2013

L'arancio

Non stiamoci a chiedere quanto tempo è passato dall'ultimo post.

Più che il quando  -meno importante-   era il perchè, Tziu Leandru Succu era nato. Le favole sul romanticismo, sull'amore nel talamo nuziale,  le lasciamo a chi vuole passare il resto della vita a sforacchiarsi il sottocute con pennette di insulina; i diabetici in Sardegna ci sono per quanto zucchero o meno mettono nel mirto, non per le sdolcinatezze che usano tra di loro nel parlare quotidiano. 
E Tziu Leandru Succu era nato perchè,  di ritorno dalle trincee piene di Yprite, Jiaju Succu, al secolo Antonio Maria Succu classe 1892, aveva la mente sconvolta per quello che aveva visto in guerra. Una volta arrivato a casa con gli occhi sbarrati, la moglie aveva cercato come meglio poteva di curare il suo male d'animo: e le donne di terapia ne conoscono bene una, per quanto da quelle parti la somministrassero con parsimonia. Dopo nove mesi nacque Tziu Leandru. 

Quando parlo con quelli che l'avevano conosciuto, sono pronti tutti a giurare che nacque già con la berritta calata sulla testa, già con un accenno di barba e con quel carattere tremendo, testardo come un asino e spinoso come un cardo. L'infanzia fu tra le montagne con gli animali a currere sos pegos, e questo fu forse il momento della vita  in cui lo si vide meglio predisposto verso l'esistenza; l'isolamento, se non contribuì certo ad addolcire il suo carattere, lo rese comunque  più riflessivo, lo mise in ascolto. 
Si sposò con Filomena Chigini, l'unica ragazza bionda dell'intero paese,  e  due giorni più tardi morì suo padre. Tutto quello che riuscì a dire a sua madre fu: "Il prossimo Antoni Succu avrà i capelli biondi".
E, di poche parole come sempre era stato, uscì. Dopo nove mesi nacque Antonio Succu,  di Leandro. Biondo.

L'eredità che Antoni Maria aveva lasciato ai suoi tre figli fu divisa in parti, senza tirare a sorte però, decidendo sulla base delle necessità, come si dice, a ogubiri. Al primo figlio Bore toccarono tres cungiados poco fuori il paese e venti  'accas, di quelle con le tette gonfie di latte e dai capezzoli bruni.
Al secondo toccò la casa sulla strada principale, e a Leandru una tanchitta con dentro qualche albero da frutta e dieci capre: praticamente nulla, ma Leandru stava bene così.
In paese avevano da poco ordinato un nuovo prete, uscito l'anno precedente dal seminario: 26 anni aveva, e don Agostino si chiamava. Alla mattina del suo primo giorno di attività in parrocchia, uscì dalla canonica di buon ora per andare in visita, per conoscere le famiglie, e per portare il messaggio del nuovo Cristo del Concilio. Leandru non partiva prevenuto, ma a lui i preti non erano mai piaciuti. Jiaju Succu raccontava che in trincea, in Altitalia, i preti se ne stavano al caldo, ed i cristiani  nella neve buttati tutta la notte rimanevano, a congelarsi le dita dei piedi.
Ma don Agostino sembrava diverso: ascoltava molto e aveva una voce dolce, volle conoscere Filomena ed il piccolo Antoni,  e poco prima di uscire si trattenne a lungo tra gli alberi da frutta, le mele, l'arancio che Leandru aveva piantato, i kaki e le pere settembrine, dolci da mangiare secche, d'inverno, con il formaggio e il vino. 
Tanto fece e disse, tanto disse e fece Filomena, ma andò a finire che Antoni dopo due mesi partì in seminario, e Leandru non potè neppure dire ba. 

Il loro unico figlio in seminario. Un pubblico onore, ma, nella pratica, meno braccia per lavorare, e per Leandru, una vera sventura. Se il rapporto con la chiesa, prima, era di fredda cortesia e diffidenza, Leandru si indurì. Neppure a Natale andava a messa, Filomena stava sola sul banco a cantare i salveregina, e quando a Pasqua si benedivano le palme e gli ulivi, e la Domenica suonavano le campane, Leandru a muso duro: sas barras chi ti c'acchìrrene.
Don Agostino non osava farsi vedere in casa Succu, e Leandru al solo sentirlo nominare masticava parole incomprensibili come il brontolio di una mola in pietra che gira a vuoto. 

Un pomeriggio di Novembre, però, Don Agostino a casa Succu ci venne eccome. Aveva ricevuto una lettera dal seminario: Antoni si era ammalato di una brutta malattia e lo stavano curando in ospedale a Cagliari.
Leandru era di sasso, Filomena piangeva, le capre, fuori, erano zitte. Solo don Agostino parlava. Pregava.
In chiesa si organizzarono veglie di preghiera e don Agostino scrisse personalmente ad un suo amico dottore: Antoni doveva salvarsi da quella malattia. 
E così successe, i medici parlavano di un miracolo. Quando tornò a casa, Antoni pesava dieci chili in meno, aveva i capelli sottili come fili d'oro, ma era guarito. Filomena piangeva, e Leandru zitto, come le capre; ma dentro di sé, l'animo di chi ha ricevuto una grazia che non si aspettava. 

Una sola cosa rimaneva da fare, perchè tutti se la aspettavano: ci voleva una statua a Sant'Antonio per Antoni che era guarito. Una statua da esporre in chiesa, bella, con l'aureola in argento, per ricordare e ringraziare, con sotto magari una targa PGR. Per Grazia Ricevuta. 
Leandru non battè ciglio, ma neppure disse no.  Tutto il paese aiutò la famiglia Succu a trovare l'artista per scolpire il legno, i soldi per pagarlo li misero in parte don Agostino, in parte lo zio Bore che aveva venduto per l'occasione 10 'accas e 5 vitelli.  Mancavano pizzi per il vestito del Santo, ma ci pensava Filomena a quello, e poi mancava il legno per la statua.
E a quello doveva pensarci Leandru.

Dopo 6 mesi la statua era pronta, il paese uscì tutto per portarlo in processione, a Giugno, in tarda serata, con il fresco, di giorno il caldo la testa ti cuoceva. La processione partiva dalla chiesa e arrivava fino a casa Succu; poi con un'ampia curva tornava indietro. Il santo davanti su un baldacchino portato a spalla, e tutti gli altri seguivano. Tutti.  Ma non Tziu Leandru.
Leandru, seduto sopra un sedile in pietra davanti a casa sua lo vide arrivare, preceduto solo da Don Agostino. Si incontrarono, non si capiva chi fosse più immobile, se il Santo o Leandru seduto sulla pietra. Ma tra i due penso Tziu Leandru. Capivi che respirava, solo perchè dal naso usciva del fumo, ogni 30 secondi: la sigaretta era accesa dentro la bocca, come gli avevano insegnato i soldati dalla guerra di Crimea, quando lui aveva 8 anni e loro 80, così i cecchini di notte non vedevano le braci accese, dicevano, e non potevano prendere la mira. Solo dopo alcuni minuti Leandru, senza togliersi la sigaretta di bocca accennò ad un mezzo sorriso, probabilmente l'unico della sua vita a memoria di cristiano.
 "Tziu Succu, cosa ha da ridere?"gli chiesero.
Leandru disse solo: "Niente. Mi ricordo quando era un arancio."

giovedì 17 gennaio 2013

I.L.

Bucce d'arancio alle finestre,nuvole sotto gli occhi che piangono pioggia e organi in forma di frutti che mangio noncurante di ogni sapore. La voglia di lavorare e la passione per ciò che faccio mi scappa via ogni mattino al risveglio di notti gravide di domande. Al ritorno a casa alla sera la chiave per aprir la porta è un bilancio di ciò che si è fatto e comincia a languire sul fondo l'ultima traccia di soddisfazione; Che faccio ancora qui con te Verona, come una donna che da me non vuole staccarsi?Mastico datteri amari ed il mio caffè è solo un pugno di sabbia, la penombra è dentro me più che non nell'Interruttore Lontano.